DDL ZAN Bocciato. La fine di un Decreto di Legge inutile da sempre. Diamo uno sguardo dal punto di vista legale.

Punto e a capo. Se ne riparla nella prossima legislatura.

Con 154 voti a favore, 131 contrari e 2 astenuti, il Senato ha approvato la cosiddetta “tagliola”, ovvero la proposta di non passare all’esame degli articoli del Ddl Zan. Il voto, a scrutinio segreto, ha di fatto affossato il disegno di legge, tra gli applausi dell’Assemblea.

Si chiude quindi un capitolo durato quasi un anno, da quando il disegno di legge a firma del deputato PD Alessandro Zan era stato approvato alla Camera e inviato in Senato. Dibattiti, proteste, scontri, hanno accompagnato questi mesi e acceso la lotta all’interno dell’arena politica.

Cos’è il DDL ZAN ?

Il disegno di legge c.d. Zan, “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità” prende il suo nome dall’iniziativa del suo promotore insieme ad altri deputati. Il testo ha ottenuto la sua approvazione alla Camera il 4 novembre 2020, successivamente si è arenato per la sua approvazione definitiva al Senato.

Se volete leggere la versione ufficiale integrale la trovate qui : https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/356433.pdf

Una proposta di legge di iniziativa popolare contro l’omotransfobia

Il disegno di legge Zan, che prende il nome dal suo creatore, il deputato del PD Alessandro Zan, prevede l’inasprimento delle pene contro i crimini e le discriminazioni contro omosessuali, transessuali, donne e disabili. Una proposta che ha acceso il dibattito pubblico in Italia e ha esacerbato le divisioni del parlamento e di tutto il mondo politico.

In base al testo del DDL approvato alla Camera nel novembre 2020, i reati collegati all’omofobia verrebbero equiparati a quelli sanciti dall’articolo 604 bis del codice penale che contrasta il razzismo e l’odio su base religiosa, punendo con la reclusione fino a quattro anni le discriminazioni basate sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità. Il disegno di legge istituisce anche una giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, per promuovere una più diffusa “cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere”.

Considerazioni personali in merito

In un momento storico in cui si sta spingendo verso la depenalizzazione di molti reati, pare anacronistico e inappropriato cercare di aumentare le pene per reati che secondo il DDL ZAN non debbono per forza essere dei reati contro la persona, ma bensì reati di opinione (magari anche sbagliate) ma che tali rimangono.

Sarebbe assurdo dare pene detentive a chi magari da del Gay o del frocio in senso di scherno o discriminazione a qualcun altro, e non darle (creando una pericolosa disparità e discriminazione importante) a chi per scherno o discriminazione da del ciccione o del brutto, cesso, merda, nano (qualsiasi altro insulto voi vogliate) a qualcun altro.

Sarebbe persino assurdo proporre una nuova legge, laddove in Italia abbiamo 111 mila leggi, contro le 7000 della Francia e le 5000 della Germania.

Lo sarebbe soprattutto se la legge risultasse ridondante e sovrapponibile alla già presente aggravante dei futili motivi che recita :

L’aggravante in questione sussiste ogni qualvolta la determinazione criminosa sia stata causata da uno stimolo esterno così lieve e sproporzionato rispetto alla gravità del reato da apparire, secondo il comune modo di sentire, assolutamente insufficiente a provocare l’azione criminosa (così Cass. Pen. 21.09.2007 Z.H.H.).

I reati di opinione, poi, fanno di rado capolino nei tribunali, a dimostrazione che si tratta spesso di disposizioni introdotte più per affermare un principio che per dare risposta a un fenomeno. La vicenda della aggravante di “negazionismo”, che a quanto consta non risulta mai essere stata contestata in un processo nei cinque anni successivi alla sua entrata in vigore nel 2016, è emblematica in tal senso. Ma questa non è la funzione del diritto penale.

Va detto del divieto di ricostituzione del partito fascista, assistito, questo sì, da una sanzione penale. Tuttavia, ciò si spiega per ragioni storiche, di reazione al regime appena passato e, in ogni caso, anche il reato di apologia ha sempre richiesto un principio di azione, ovvero l’avere fatto sorgere il pericolo concreto di un ritorno degli ideali del Ventennio.

Quanto poi alla istigazione a delinquere e ai delitti contro la persona, l’ordinamento già oggi non è privo di strumenti di contrasto, anche di una certa severità, se si applicano le aggravanti già esistenti.

Disposizione davvero infelice, poi, è quella di cui all’art. 4, spesso citato nelle polemiche, non sempre a proposito, secondo cui «la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte» sono libere «purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti». Non ci pare sia a sua volta un pericolo per la libertà di espressione, ci pare piuttosto una provocazione a Occam e al suo rasoio: perché scrivere in una legge ordinaria una regola già vigente a livello costituzionale?

Insomma, sotto il profilo squisitamente costituzionalistico e penalistico, tra le righe dell’intero testo spira aria di “intervento di bandiera”: regole introdotte per sancire un postulato, indipendentemente dalla loro indispensabilità, come sempre dovrebbe essere una nuova disposizione criminale.

Il DDL ZAN insomma è l’unico prodotto ottenibile della becera convinzione (sbagliata) di poter combattere ogni ingiustizia e ogni male sociale con il diritto penale.

 

 

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